LA RETE COSMICA S’ILLUMINA

Simulazione grafica rete cosmica a circa 10,5 miliardi di anni luce di distanza. Il volume qui raffigurato si estende su un'area di 2,3 per 3,2 milioni di anni luce e si estende su una profondità di 600 milioni di anni luce (50 milioni per segmento).

L’osservatorio Keck, alle Hawaii ha catturato immagini che mostrano i filamenti di gas che collegano tutti gli elementi dell’universo.

I flussi di gas nutrono le galassie così come i fiumi alimentano gli oceani, con la differenza che i primi sono molto deboli e difficili da rilevare.

Vorticose nubi di gas si condensano nelle galassie e continuando ad addensarsi forniscono il carburante necessario alla formazione delle stelle che rendono visibili le galassie illuminandole.

Questa cosiddetta rete cosmica è conosciuta da decenni, ma si era riusciti ad intravederne il bagliore solo attorno ai quasar, oggetti luminosi che emettono un’enorme quantità di energia.

Osservatorio "Keck" con due telescopi gemelli sulla sommità del vulcano Mauna Kea, nelle isole Hawaii

Finora non era dimostrata l’estensione della struttura nelle porzioni più scure dello spazio. I nuovi risultati del Keck Cosmic Web Imager (KCWI), progettato da Christopher Martin professore di fisica alla Caltech, sono i primi a mostrare la luce diretta emessa nella parte nascosta della rete cosmica. Nei rilevamenti si avvistano sottili filamenti incrociati estendersi negli angoli bui tra le galassie.

Strumentazione interno osservatorio Keck

W. M. Keck Observatory è costituito da due telescopi riflettori gemelli ed è situato a 4145 metri, sulla sommità del vulcano Mauna Kea nelle isole Hawaii.

I due telescopi ottici/infrarossi, da 10 metri, sono tra i più produttivi scientificamente sulla Terra e sono dotati di attrezzature avanzate tra cui imager, spettrografi multi-oggetto, spettrografi ad alta risoluzione, spettrometri a campo integrale, sistemi di ottica adattiva con stelle di guida laser.

Buco nero supermassiccio all’interno nostra galassia

Fra i suoi successi, l’osservatorio vanta la conferma della presenza di un super-massiccio buco nero al centro della nostra galassia.

Interno osservatorio Keck uno dei 36 segmenti esagonali che formano uno specchio

Ogni telescopio pesa 300 tonnellate e può seguire oggetti cosmici per ore. Lo specchio è composto da 36 segmenti esagonali costantemente allineati con una precisione di 4 nanometri, circa 1/25000 del diametro di un capello umano.

Sovrapposizione grafica dell’osservazione della nostra galassia con osservatorio Keck

Martin è affascinato dall’architettura cosmica nascosta che potrebbe aiutare a mappare anche la distribuzione della materia oscura, ossia circa l’85% di tutta la materia dell’universo di cui non si conosce la composizione.

Il modo migliore per vedere direttamente la rete cosmica è raccogliere le tracce del suo componente principale, il gas idrogeno, utilizzando spettrometri che identificano la sua linea di emissione principale, chiamata linea alfa di Lyman.

Dopo aver trovato prove schiaccianti già nel 2015 di questo modello di creazione, Martin ed il suo team hanno progettato KCWI per trovare deboli tracce attraverso un’immagine bidimensionale (2D) del cosmo e per questo motivo KCWI è noto come spettrometro per immagini. Una parte della strumentazione copre la regione “blu” dello spettro della luce visibile, con lunghezze d’onda comprese tra 350 e 560 nanometri, mentre il Keck Cosmic Reionization Mapper (KCRM) vede la porzione rossa, fornendo una copertura simultanea ad alta efficienza dell’intero spettro visibile.

L’espansione dell’universo provoca una Lyman alfa più rossa alle distanze maggiori dalla Terra. Le immagini 2D servono per creare una mappa tridimensionale dell’emissione dalla rete cosmica nella regione osservata, compresa tra 10 e 12 miliardi di anni luce di distanza.

Martin ha anche ideato una strategia per sottrarre la luce di fondo dei cieli sopra Mauna Kea. Il metodo si basa sull’osservazione di due diverse zone di cielo, A e B. Le strutture dei filamenti saranno a distanze distinte nelle due direzioni, quindi si prende la luce di sfondo da B per sottrarla ad A e viceversa.

Martin ha collaborato con l’artista Matt Schumaker per tradurre i dati della rete cosmica in musica per un progetto chiamato “Spiral, supercluster, filament, wall (after Michael Anderson)”. Il lavoro celebra la vita di Anderson che morì insieme ai suoi compagni astronauti nell’incidente dello Space Shuttle Columbia nel 2003. Martin ha immaginato i filamenti come corde di violino giganti per decodificare le masse in frequenze costruite attorno al Do centrale. Il brano può essere ascoltato a questo link .

Le ultime scoperte sono state pubblicate in un articolo su Nature Astronomy, il 28 settembre 2023.

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Immagini: Caltech/R. Male (IPAC) – W. M. Keck Observatory

1 Commento

  1. Vorrei solo capire una cosa, quando sapranno come si è formato l’universo cosa ricaveranno da queste informazioni?

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